Deriva da quella per il “Rilascio della libera pratica sanitaria” adottata dalle navi mercantali in arrivo nei porti.
Di Leonardo Signorelli
Una parziale marcia indietro è stata fatta dal Ministero della salute per quanto riguarda la procedura di sorveglianza sanitaria portuale a carico delle unità da diporto, emanata ad inizio giugno, per il COVID19.
La disposizione legislativa, per la quale va sottolineato la scarsa chiarezza “tecnica”, con impiego di termini inappropriati ed estranei alla normativa nautica vigente – e la nuova versione non cambia lo stile – prevedeva inizialmente che l’ingresso nei porti diversi da quello di partenza da parte delle “imbarcazioni” da diporto di lunghezza inferiore ai 24 metri, dopo una navigazione superiore a 6 ore o provenienti dall’estero, avvenisse previa presentazione all’Ufficio di sanità marittima di approdo di un formulario di “stato di buona salute a bordo” e successiva autorizzazione della locale Autorità marittima.
Un obbligo di legge che avrebbe creato numerosissimi problemi ai diportisti, proprio in un momento di grave difficoltà per il settore nautico – turistico.
Dopo numerosi attacchi e richiami al “buon senso” – in prima linea Assonautica Italiana, per voce del suo presidente Alfredo Malcarne, che ha inviato anche una lettera di protesta al Ministero della salute e al Presidente del consiglio – si è arrivati alla modifica del provvedimento.
Ora, dopo aver presentato la dichiarazione sullo stato di salute a bordo, inviata dal comandante dell’unità da diporto all’Ufficio di sanità marittima via email o “con altro mezzo” – riteniamo possa essere valido anche l’invio della foto del modulo compilato tramite messaggio telefonico – vale il silenzio assenso. L’unità è in “libera pratica sanitaria” automaticamente.
Forse sarebbe bastato un più forte richiamo alla responsabilità dei cittadini, ai protocolli di difesa dal contagio del COVID 19, per altro seguiti e monitorati in tutti i porti turistici, piuttosto che adottare un provvedimento che appare di mera burocrazia.
Di seguito il documento del Ministero della salute
e il modello di dichiarazione
Oggetto: Sorveglianza sanitaria su imbarcazioni da diporto
– Vista la dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale di Sanità di stato di pandemia da Covid-19,
– Tenuto conto dell’art. 43 (misure sanitarie supplementari) del Regolamento Sanitario
Internazionale,
– Visto il DPCM 11/06/2020, Art. 6, che ha previsto la riapertura delle frontiere da paesi UE,
dell’area Schengen, Gran Bretagna e Irlanda del nord, Andorra e Principato di Monaco,
repubblica di San Marino e Stato della Città del Vaticano,
– Valutata l’esigenza di garantire l’opportuna sorveglianza sanitaria anche sul naviglio da diporto,
ad integrazione e parziale rettifica della nota n. 0019809-08/06/2020-DGPRE-MDS-P
si dispone
fino alla cessazione della pandemia Covid19, che i comandanti delle imbarcazioni e navi da diporto*,
provenienti da porti nazionali e che abbiano effettuato una navigazione superiore alle 6 ore, o
provenienti da porti di paesi stranieri tra quelli ricompresi nell’Art.6 del DPCM 11/06/2020,
compilino l’allegata dichiarazione marittima di sanità per il diporto e la trasmettano via email, o con
altro mezzo, all’ufficio di sanità marittima competente.
In assenza di risposte negative al questionario semplificato, l’imbarcazione da diporto è da
considerarsi automaticamente in libera pratica sanitaria.
In caso contrario occorrerà attendere il Nulla Osta dell’Autorità Sanitaria di porto, che nel caso, sarò
contattata anche per le vie brevi dal Comandante della nave / Imbarcazione.
Sono esentate dalla richiesta della libera pratica sanitaria le imbarcazioni che fanno rientro nello
stesso porto da cui sono partite, a patto che durante la navigazione non abbiano imbarcato altre
persone in operazioni off shore o di soccorso in mare.
Si prega di diffondere questa nota anche ad associazioni locali ed operatori di marineria da diporto.
*F.to Il Direttore
Dott. Mauro DIONISIO
* firma autografa sostituita a mezzo stampa, ai sensi dell’art.3, comma2, del D.Lgs. n. 39/1993
* Dal provvedimento sembrerebbe siano esclusi i “natanti”, cioè le unità fino a 10 metri di lunghezza scafo. Non sappiamo se sia una volontà del legislatore, e a questo punto però non ne comprendiamo il motivo, o più semplicemente un uso improprio della terminologia nautica giuridica.