LA FERROVIA

Locomotiva di Trevithick
Locomotiva di Trevithick

La prima locomotiva a vapore venne realizzata da Trevithick, che contro l’incredulità abbastanza diffusa sulla possibilità di realizzare un treno trainato a vapore, mise in funzione nel 1804 una

locomotiva rudimentale che trasportava una settantina di persone ed un carico di circa 10 tonnellate, alla velocità di 3 – 5 miglia all’ora, sino a che il fumaiolo troppo alto colpì un ponte ed andò fuori servizio: rimessa in sesto, furono effettuati altri viaggi di prova ma si ruppero i binari e l’impresa per il momento si fermò. Il finanziamento da parte del proprietario di una miniera di carbone consentì la riparazione e le modifiche necessarie per rendere più leggero il tutto sino a che, nel 1831, un convoglio effettivo iniziò in Pennsylvania un vero e proprio servizio.

George Stephenson

a tradizione però cita spesso come primo costruttore lo Stephenson che, in realtà, ne fu solo il più importante progettista e ammodernatore. George Stephenson nacque nel 1781 in Inghilterra: progettista della prima locomotiva dotata di ruote flangiate in grado di garantire una sufficiente  ferrovie a vapore inglesi. Una breve sintesi della sua vita,  limitata agli episodi che ne caratterizzarono l’esistenza come realizzatore della locomotiva, ci narra che, figlio di genitori analfabeti, apprende le prime forme di      istruzione a diciotto anni quando si iscrive ad una scuola serale, dopodiché inizia a lavorare nella società mineraria nella quale è occupato il padre in qualità di pompiere, dedicandosi specificamente alla manutenzione delle attrezzature di estrazione del minerale. Dimostrate le sue qualità e conoscenze, interviene efficacemente nella riparazione di una locomotiva in avaria, sì che viene nominato responsabile dei lavori di manutenzione e riparazione dei macchinari della miniera, lavoro nel quale acquista grande abilità ed apprezzamento.

Incaricato di modificare il progetto della ferrovia tra Darlington e Stockton, in un primo momento indirizzata ad essere trainata da cavalli, Stephenson progetta la locomotiva denominata Locomotion con la quale, con un carico di ottanta tonnellate ad una velocità di quasi quaranta chilometri all’ora, percorre i 15 chilometri del percorso, guidata dal lui stesso. Nel corso dell’esercizio della ferrovia, viene rilevato che le salite del percorso influiscono negativamente sulla velocità del convoglio, e che quindi è opportuno limitare al massimo tratte non pianeggianti: pertanto, successive progettazioni di tracciati ferroviari ovvieranno all’inconveniente con elaborazioni che sfruttino convenientemente tracciati in trincea o sopraelevati per mantenerli il più possibile su tratti pianeggianti. In seguito ad una gara di appalto indetta dalla Compagnia ferroviaria per la costruzione delle locomotive della linea, la motrice progettata da George Stephenson insieme con il figlio Robert, che verrà chiamata Rocket, desta il massimo apprezzamento, giungendosi all’inaugurazione del collegamento nel 1830, con grandi festegiamenti seppure funestata dalla morte in un incidente di un componente del parlamento di Liverpool.

Con l’invenzione di Stephenson ha inizio quella che sarà la componente fondamentale nei primi anni dello sviluppo della trazione ferroviaria, ossia la trazione a vapore, il cui studio ha portato anche alla formulazione di tutte le leggi fisiche fondamentali della branca che prese il nome di termodinamica. Come è dunque costituita e come funziona la locomotiva a vapore formatasi nel tempo in seguito alle idee di George Stephenson.

Il carbone viene bruciato in un forno i cui fumi vengono avviati ad un sistema di tubazioni orizzontali sino a sfociare nella camera a fumo e di qui al fumaiolo; l’acqua che deve essere vaporizzata è contenuta nella caldaia sino ad un livello sufficiente a coprire il focolare ed i tubi che la attraversano, percorsi internamente dai fumi prodotti nel forno e attraverso lo spessore dei quali avviene la trasmissione all’acqua di una parte delle calorie prodottesi nella combustione del carbone.

Il vapore si raccoglie nella zona superiore dell’involucro della locomotiva ed in particolare in una cupola denominata duomo, dalla quale viene prelevato ed inviato ai cilindri della macchina tramite il cassetto di distribuzione che regola l’immissione e lo scarico del vapore dai cilindri. I materiali necessari per l’alimentazione della caldaia, ossia il carbone e l’acqua, possono venire trasportati insieme con la locomotiva, alla quale vengono agganciati i veicoli che li contengono, un tender ed un serbatoio. In particolare, se l’acqua della caldaia viene, sotto forma del vapore, scaricata all’esterno senza venire recuperata in un condensatore, deve essere assicurato il rifornimento del liquido mediante sistemi di rifornimento che debbono essere disposti ad intervalli opportuni al fine di non interrompere il viaggio del convoglio; naturalmente la discarica all’esterno del vapore ad elevata temperatura riduce sensibilmente il rendimento termodinamico della macchina, come viene chiamato il rapporto tra l’energia strettamente necessaria per muovere il convoglio e quella effettivamente spesa nella combustione del carbone, che è funzione della differenza tra le temperature estreme del ciclo di lavoro e nelle locomotive di questo tipo non raggiunge mai il 10%.

Per migliorare il rendimento globale della locomotiva furono pertanto adottate in successione soluzioni diverse che si possono così compendiare. Una delle necessità che si presentarono subito era quella di evitare lo scivolamento della ruota metallica sulla rotaia di acciaio o di ghisa, ed a tal fine, dopo tentativi non riusciti in varie direzioni, come quella di rendere più ruvida la superficie delle rotaie, si provvedette ad aumentare il peso gravante sulla ruota dando applicazione al concetto, di nuova intuizione, secondo il quale durante la rotazione della ruota il peso gravante produce uno sforzo tangenziale proporzionale al cosiddetto coefficiente di attrito, la cui entità dipende dai materiali a contatto: le due uniche ruote traenti che inizialmente trasmettevano la potenza della macchina furono collegate con una catena alle altre ruote aventi solo funzione di sostegno rendendole quindi tutte traenti. A tale indirizzo rispose anche l’adozione di un maggior numero di carrelli portanti e l’impiego di ruote di piccolo diametro, in particolare per le macchine adibite al trasporto di merci, maggiorando invece il diametro di quelle dei veicoli passeggeri al fine di aumentare la velocità del treno senza dover eccedere nel numero di giri della macchina.

Ai fini comunque di migliorare il rendimento termodinamico valsero dapprima l’uso della doppia espansione del vapore, accoppiando al singolo cilindro un secondo cilindro di maggiori dimensioni che utilizzava il vapore a bassa pressione che aveva già lavorato nel primo cilindro anziché scaricarlo direttamente all’atmosfera, e in seguito l’adozione del vapore surriscaldato, la cui temperatura (che a pressione atmosferica non può superare i 100 gradi centigradi) veniva aumentata mediante esposizione, fuori del contatto dell’acqua, ai gas caldi di scarico dal forno, innalzandone la temperatura sino ad oltre 300° centigradi (Celsius). Altro sistema allo scopo fu di preriscaldare l’acqua di alimento della caldaia, introducendovela dopo averla riscaldata di alcuni gradi con il vapore esausto.

Fu anche abbandonato il sistema di distribuzione del vapore a cassetto con l’invenzione di altri tipi di distribuzione tra cui quello di brevetto italiano denominato sistema Caprotti, che impiegava alcune valvole per intervenire nelle operazioni, eliminando la complicazione delle aste e bielle necessarie nel procedimento classico. Con idonei meccanismi venivano anche modificate la velocità dei pistoni e quindi delle ruote, alle quali il movimento veniva trasmesso per mezzo di biellismi ed eccentrici: ciò si otteneva regolando il grado di introduzione del vapore nel cilindro, ossia la percentuale della corsa dello stantuffo e conseguentemente la quantità di vapore utilizzata.

Il combustibile usato per il riscaldamento dell’acqua è variato nel tempo in quanto originariamente costituito da legname, venne successivamente sostituito con il carbon fossile, nelle qualità reperibili nelle miniere, che si denominano torba, lignite, litantrace o antracite a seconda della quantità crescente di carbonio che vi si ritrova, per effetto dei tempi più o meno lunghi durante i quali il carbone è divenuto tale dalla originaria condizione di pianta rimasta sepolta nel terreno. I forni entro cui il carbone viene bruciato sono sostanzialmente formati da grate orizzontali sulle quali il carbone acceso viene arroventato per effetto dell’aria naturalmente o mediante ventilazione affluente dal sottostante cenerario. In seguito i forni a combustibile solido furono sostituiti con quelli a liquido, bruciando olio minerale ricavato dal petrolio grezzo ed insufflato dalla bocca del forno tramite bruciatori di cui viene aumentata l’efficienza mediante opportuna circolazione d’aria sotto pressione.

La ferrovia, ossia la strada ferrata sulla quale circolano i treni trainati dalla locomotiva (e successivamente dalle altre macchine che alla locomotiva si sostituiranno), nacque in Inghilterra ed in Germania dai primi esempi di strade lastricate con strisce di pietra o tavolati di legno, sulle quali per agevolarne lo scorrimento venivano fatte correre le ruote dei carri merci trainati a mano o da cavalli, utilizzati soprattutto per trasportare all’esterno il materiale minerario ricavato dagli scavi sotterranei. In Inghilterra vennero per la prima volta sostituite queste strisce di facile usura , con barrette di ferro di molto più lunga conservazione, e nacquero così le rotaie, le quali associate a due a due in corrispondenza delle ruote dei carrelli, assunsero il nome di binari; per rendere più difficoltosa la fuoruscita dal binario delle ruote, queste furono in un secondo tempo sagomate con un bordino sporgente atto a mantenerle a posto. Adeguate traversine di legno servirono per conformare i lunghi tratti di binari, distanziando le rotaie stesse della quantità standard di 1435 millimetri stabilita da Stephenson a costituire lo scartamento ferroviario.

La messa a frutto del principio della aderenza, di nuova formulazione, consentì il rapido sviluppo della ferrovia, divenuta la regina degli spostamenti di pesi e passeggeri sulla terra; dall’Inghilterra il successo della ferrovia si estese alla Germania, seppure tra curiose resistenze e precauzioni, quali l’obbligo di affiancare alla strada ferrata palizzate di sufficiente altezza per nascondere il passaggio del veicolo alle persone ed agli animali, terrorizzati dalla sua velocità e dal frastuono che la accompagnava. Il primo tratto ferroviario tedesco fu realizzato per un breve tronco di congiunzione della città di Norimberga con un vicino villaggio.

In Italia la costruzione di locomotive iniziò in ritardo rispetto agli inglesi, francesi e belgi, che ci fornirono i loro prodotti sino agli anni attorno al 1850, quando in Campania e nell’Italia settentrionale cominciarono le prime costruzioni del genere e la produzione di accessori. Nel successivo cinquantennio vennero costruite quasi 2500 locomotive, dapprima a vapore saturo e successivamente surriscaldato, in parte trasformando le precedenti.

Nel 1893 venne inaugurata la prima linea ferroviaria italiana, sul tratto Napoli-Portici,

Inaugurazione della Napoli-Portici

Tuttavia, la maggior attività nel settore va attribuita alla Toscana, con il collegamento tra Firenze e Livorno ed altri tratti tra i diversi capoluoghi di Provincia, seguita dalla Lombardia con il percorso Milano-Monza e gli studi, per il momento non realizzati, del collegamento tra Milano e Venezia. Il Piemonte si attivò in un secondo tempo ma realizzò importanti percorsi ferroviari del porto di Genova sia con Torino che con Novara. Nel complesso furono inaugurate prima dello scadere del mezzo secolo oltre 500 chilometri di linea ferroviaria , mentre nei primi anni del secolo XX (1905) si giunse, con l’unificazione nazionale, alla costituzione delle Ferrovie dello Stato.

Come realizzazione particolare va ricordata la linea Milano-Venezia, congiungente quelle che erano allora le capitali del Regno Lombardo-Veneto, sotto dominio austriaco. Già dal 1835 fu avanzata una domanda in tal senso, e nel 1837 venne formata la società Imperial-Regia per l’inizio delle operazioni, con la raccomandazione di Carlo Cattaneo, segretario della sezione lombarda, che il tracciato toccasse tutte le principali città sul percorso. La linea venne costruita in tratti separati, di cui il primo fu quello tra Padova e Marghera, nel 1842, poi il ponte sulla laguna aperto nel 1846 ed il completamento del collegamento nel 1878, che subì anche ritardi per le operazioni della prima guerra di indipendenza italiana (1848).

Ma l’alto costo del carbone di qualità importato spinse abbastanza presto lo Stato italiano ad inoltrarsi verso la produzione di locomotive elettriche, soppiantando in parte le macchine a vapore. Gli ultimi anni del XIX secolo videro la nascita delle Ferrovie dello Stato e la prima metà del secolo successivo si caratterizzò per l’estensione della elettrificazione e la realizzazione delle linee cosiddette “direttissime”.

Al termine della seconda guerra mondiale l’Italia si trovò con il sistema ferroviario praticamente distrutto, ma seguì un periodo di ricostruzione sino al cosiddetto “boom economico” e la transizione verso i nuovi sistemi ferroviari, tra cui l’Alta Velocità.