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Agenda ONU 2030

Agenda ONU 2030

Caterina Cornaro

CATERINA CORNARO

La Serenissima Repubblica di Venezia celava nelle singolarità e talvolta nelle esuberanze delle proprie istituzioni il segreto per cui sopravvisse più a lungo di qualsiasi altra organizzazione statale. Agli uomini che la ressero è stato reso omaggio innumerevoli volte, mentre poche sono le personalità femminili veneziane che abbiano vinto la ruggine del tempo. Non è forse estraneo a questa situazione il fatto che la misoginia era largamente presente nella cultura dei secoli andati, sì che la ritroviamo già nel Corbaccio di Giovanni Boccaccio e in qualche testo di Dante Alighieri, poi attraverso le pagine del fablieu  francese ed oltre. Del resto la misoginia era già presente nella Sacra Scrittura, secondo la quale “prima fu fondato l’uomo e poi la donna” e da quel parere sulla donna per cui ella è più debole e quindi può che sbagliare, rimasto inalterato per due millenni. Si aggiunga che allora il matrimonio era deciso, almeno per i ceti più elevati, dal padre o dal fratello, e la donna veniva concessa… in dono  al marito designato, fornita di una dote con cui spesso si ricapitalizzavano le sostanze della famiglia di cui era messa a far parte, destinando la femmina ad una sorte spesso disgraziata, cui si sottraeva soltanto con la vedovanza od il convento. Le donne cui si dedicano la poesia o il romanzo cavalleresco seguono però con la letteratura cortese, sino al modernismo che ribalta i giudizi. Ed anche noi diremo pertanto oggi, relativamente alla Serenissima, non già dei fasti e degli episodi che l’hanno consegnata alla storia, ma piuttosto delle figure femminili che hanno espresso significativamente la venezianità, pur talora collidendo con sessualità, religione, ragion di Stato.

Nella nostra succinta rassegna di persone, tra le Signore che meglio hanno espresso la propria venezianità dobbiamo certamente porre in testa Caterina Corner (italianizzato in Cornaro) la “regina” di Cipro, e la nobildonna Bianca Capello, amante e successivamente consorte del granduca Francesco de’ Medici.

 Cominceremo con ricordare le sorti di Caterina Cornaro, limitandoci ovviamente a riferirne l’attività nell’ambito di quanto può essere stato legato alle sorti di Venezia. Appartenente a patrizia famiglia che darà a Venezia quattro dogi, nacque nel giorno di S. Caterina del 1454 e mercé l’appoggio della Repubblica di Venezia poté succedere al marito Giacomo II di Lusignano, detto “il Bastardo” in quanto figlio illegittimo di Giovanni II e di una greca, nel reggimento della corona di Cipro fino al 1489, allorché la Serenissima Repubblica non la costrinse ad accettare la signoria nell’esilio di Asolo, nel Trevigiano, retta con somma raffinatezza assieme ad una piccola quantità di letterati, sino alla sua morte, avvenuta nel 1510. Dell’originario palazzo Corner, prima sede di Caterina, in Canal Grande, nulla rimane, essendo stato rifatto in una imponente ricostruzione indicata generalmente per antonomasia come “palazzo della Regina”. Caterina ebbe una vita infantile piuttosto serena, come seguito delle sorti di Carlotta di Lusignano, nel 1458 andata sposa in seconde nozze a Ludovico di Savoia, proclamato Re di Cipro e Gerusalemme, la quale nel 1464 venne cacciata da Giacomo, il Bastardo,  e si rifugiò a Roma, ove morì nel 1487. Non avendo avuto figli, questa aveva lasciato il titolo al duca Carlo I di Savoia, nipote del marito Ludovico. Erano tempi burrascosi per la Serenissima, premuta dai Turchi ai quali aveva già dovuto abbandonare il possesso dell’isola di Cefalonia (per rifarsi della quale Venezia era intenzionata all’acquisizione della importante, per la sua posizione centrale nel Mediterraneo, isola di Cipro) e dalle rivendicazioni di Genova sulla capitale Famagosta.

Usufruendo del favore di Venezia Giacomo II di Lusignano, fratello di Carlotta, che si era appropriato nel 1464, quale reggente, del trono vacante di Cipro e  Armenia, per motivi politici di affiancamento alla alleata repubblica veneziana sposò per procura Caterina Cornaro, quattordicenne ed ospite temporanea di un convento nel monastero delle benedettine di San Benedetto Vecchio, nelle prossimità di Padova.

Caterina divenne pertanto regina consorte del re di Cipro, Giacomo II, apportando alla corona l’elevata dote di 100.000 ducati.  Ma solo dopo una decina di anni poté avvenire il trasferimento della regina in quanto dapprima il consorte si disinteressò della cosa, sino addirittura a proporsi un successivo matrimonio con una figlia del re di Napoli Ferdinando. Infine, sia per evitare che la Serenissima riponesse sul trono di Cipro la sorella Carlotta, sia sotto la minaccia di una invasione ottomana, si giunse, nel 1469, all’accordo sulla sorte del regno. Per uno scambio di “convenienze” Caterina venne adottata da Venezia, interessata per motivi commerciali all’isola di Cipro, dove già possedeva notevoli interessenze economiche: Venezia avrebbe versato un elevato importo di denaro a Giacomo (che avrebbe con ciò lasciato il proprio regno alla Serenissima nel caso di suo decesso senza eredi). Giacomo II morì nel 1473, lasciando incinta Caterina, sua erede, ed il giovanissimo figlio Giacomo III morì subito dopo, per cui il problema ereditario si pose con immediatezza: senonché la regina Caterina non rispose affermativamente alla richiesta di lasciare l’isola, alla quale si riteneva ormai strettamente legata. Ad essa offrirono sostegno sia i Turchi bramosi di occupare Cipro, sia i Genovesi, dei quali si è già citato l’interessamento all’isola per la propria posizione commerciale. Il rifiuto di Caterina reggerà sino al 1474, quando, con l’interessamento del doge di Venezia Agostino Barbarigo, essa accettò una rendita molto consistente (8000 ducati) per abbandonare Cipro in cambio della sovranità su Asolo (cittadina in provincia di Treviso, nata sulle rovine di Acelum, municipio romano poi accorpato alla Repubblica di Venezia) quale “domina” del castello di Asolo ed il titolo di “Regina di Gerusalemme, Cipro ed Armenia”. Ultimo screzio sembra essere stato persino il viaggio di trasferimento della regina in terraferma, in quanto la nave che trasportava Caterina, sotto le sferze di una burrasca riuscì a mala pena a trovare rifugio a Caorle, ciò che diede tempo di ripensare alla decisione, in dubbio se invertire la rotta e rientrare a Cipro; la decisione finale, dopo tre o quattro giorni di meditazione, fu però di proseguire per Venezia e così avvenne, con l’invio di una ambascieria del Lusignano per trasportare la regina. Essa giunse al porto veneziano di S. Nicolò ove fu imbarcata per Venezia sulla barca dogale Bucintoro, con l’accompagnamento del Doge Nicolò Tron e di una larga rappresentanza della nobiltà veneziana. Dopo il deposito del testamento nel monastero di S. Nicolò del Lido e la nomina del fratello Giorgio quale eventuale erede se deceduta senza figli, Caterina fu trasferita a Famagosta, ove sposò formalmente il re di Cipro e finalmente incoronata regina a Nicosia.

Quando il marito Giacomo II decedette, nel 1473, Caterina attendeva il figlio, cui venne dato ii     nome di Giacomo III, ma esso cessò di vivere circa un mese dopo l’evento. Per precedente decisione del defunto sovrano, a Caterina non venne riconosciuta l’eredità al trono, e venne invece nominato un comitato di commissari non favorevoli a  Venezia, alle cui decisioni si associarono pure i tre figli naturali del defunto Giacomo II, spalleggiati anche dalla non mai sopita rivendicazione al trono da parte della ex sovrana Carlotta di Lusignano. Ma la repubblica di Venezia reagì disponendo che il Capitano da mar Pietro Mocenigo occupasse le posizioni dominanti di Cipro, verso la quale si diresse la flotta della Serenissima dopo averne data comunicazione sia al papa Sisto IV, ad essa favorevole, che al re di Napoli Ferdinando I, cui andavano invece i favori della Corte cipriota. Comunque gli oppositori misero in esecuzione un complotto, in esito al quale penetrarono nella reggia ed uccisero i sostenitori della regina, dando comunicazione a Venezia che i partigiani di essa, Andrea Corner e Marco Bembo erano stati, per motivo di mancata retribuzione, trucidati dai mercenari al loro servizio. Venezia accolse la falsa giustificazione e dispose il disarmo dei suoi combattenti. A Caterina Cornaro vennero sottratti i gioielli della corona e dovette abbandonare le fortezze occupate e riconoscere le nozze tra Ciarla, figlia naturale di Giacomo II, e Alfonso, figlio naturale di Ferdinando di Napoli, cui venne attribuito il titolo di Principe di Galilea, quale erede al trono di Cipro. Venezia fu tenuta a bada con una ambasciata che mostrò ai commissari veneziani i testi di alcune lettere in cui Caterina era stata costretta a sottoscrivere una dichiarazione nella quale venivano descritti gli avvenimenti come desiderato dai suoi nemici ciprioti.

Una delegazione con dieci galee al comando di Vettor Soranzo, inviata da Venezia a Cipro per controllare la situazione, ottenne assicurazioni sull’intenzione di reintegrare Caterina nella potestà dell’isola; ma poiché la realtà apparve poco sicura al Soranzo, questi sbarcò la truppa a Famagosta, giustiziando gli assassini di Corner e Bembo e confiscandone i beni. Nel contempo Pietro Mocenigo giunse con tutta la flotta a Cipro, ormai pacificata e tornata sotto i poteri di Caterina, la quale rimase al potere anche dopo la prematura morte del figlio Giacomo III.  Il suo regno durò dal 1474 al 1489, fu l’ultima regina di Cipro, per poi decidere di tornare  a vivere nel suo palazzo veneziano avendogli Venezia, dopo repressa una congiura degli spagnoli, imposto l’abdicazione a favore della Serenissima. Ad un primo rifiuto della regina a sottostare alla costrizione, seguirono minacce di intervento risolutivo da parte di Venezia, in esito a che Caterina Cornaro abdicò formalmente e lasciò Cipro per il rientro in patria. Questa la accolse trionfalmente e celebrò la sua epopea con il rientro da S. Nicolò del Lido sul battello dogale “Bucintoro” affiancata al doge Agostino Barbarigo.

All’avvenimento viene dedicata la “Regata storica”, praticata a Venezia da millenni a rimembranza del passato, della quale si trova traccia in un decreto dogale del 1315 che istituiva una gara tra galee nel giorno della “festa delle Marie”, a ricordo dell’annientamento di una banda di pirati che aveva rapito le spose veneziane durante la cerimonia matrimoniale. Oggi si festeggia la avvenuta accoglienza con gare di canottaggio in Canal Grande, nelle quali compaiono unità storiche della navigazione in Laguna (tra cui anche le cosiddette “bissone” a fondo piatto, di norma non visibili in altre circostanze, e le “dodesone” e “disdotone”, rispettivamente a 12 e 18 rematori) di cui è traccia nella famosa “pianta” di Jacopo de’ Barbari (anno 1500), nella quale si intravvedono numerose barchette a 4 vogatori apparentemente impegnate in una gara nautica.

 Rimasero comunque a Caterina il titolo di “domina Aceli” ed il rango di regina, ed essa rientrò ad Asolo, ove si circondò di personalità dell’arte e della letteratura, rimanendovi sino a che la minaccia di occupazione da parte tedesca non la convinse a riparare a Venezia.


Monumento funebre di Caterina Cornaro – Chiesa di San Salvador – Venezia

Qui ella morì, probabilmente per malattia, in circostanze non ben accertate, ed il suo sepolcro trovasi oggi nella chiesa veneziana di S. Salvador, essendovi stata la salma trasferita dopo una prima tumulazione ai Santi Apostoli, dove era stata deposta con un rito funebre al quale parteciparono migliaia di veneziani, per il più ordinato fluire dei quali venne addirittura gettato un ponte di barche attraverso il Canal Grande.