La propulsione inerziale nel naviglio minore

Consideriamo come venga dispersa una notevole parte dell’energia impiegata per il trasporto delle persone. La produzione di energia da motore termico alle basse potenze lontane da quelle di massimo rendimento, quali sono quelle più di frequente utilizzate per i trasporti nell’ambito urbano, comporta consumi specifici che si esaltano anche di tre volte rispetto al consumo specifico ai regimi di rotazione e di carico corrispondenti alla massima coppia generabile dal motore, e nei servizi di linea cittadini si hanno periodi di transitorio (cioè periodi in cui, per esigenze di manovra, il motore viene azionato a regime variabile ma sempre a potenze ridotte) ammontanti anche all’80% dell’intero ciclo di lavoro. Questo significa che l’assorbimento energetico reale rimane elevato anche quando la potenza necessaria per la marcia si riduce abbondantemente. E’ vero che ciò non avviene nei veicoli ad accumulazione di energia oggi più di frequente proposti per la circolazione urbana, ossia nei mezzi propulsi elettricamente, nei quali in tutte le condizioni di carico l’energia spesa è soltanto quella effettivamente richiesta per il moto del veicolo, ma sull’impegno energetico emergono anche considerazioni negative, se si tiene conto che tra l’energia ceduta e quella assorbita si ha un rapporto inferiore allo 80% soltanto per quanto attiene alla ricarica delle batterie, operazione da ripetersi con frequenza. E non dobbiamo trascurare il peso con cui le batterie gravano sul veicolo con la conseguente caduta della capacità di trasporto, la scarsa durata in efficienza delle stesse ed il problema dello smaltimento alla fine della vita degli accumulatori.

Eppure, l’unica opzione cui sembra ci si voglia oggi rivolgere per rendere ecologicamente più efficienti i servizi di trasporto è appunto all’impiego delle batterie di accumulatori, oppure al costoso, ingombrante e dispersivo ausilio di una rete aerea di distribuzione della corrente, mentre scarsa considerazione sembra essere rivolta alla possibilità di uso del vettore inerziale, cioè del volano (una applicazione di rilievo la si può trovare nel “KERS” – Kinetic Energy Recovery System –  l’accumulatore di energia adottabile sulle auto di “Formula 1”): trattasi di una tecnica già sperimentata in passato per veicoli terrestri, ma la cui applicazione pratica subì un arresto poiché la tecnologia disponibile non consentiva allora di risolvere alcuni dei problemi, ossia con un apparato di propulsione basato sul principio dell’accumulazione di energia cinetica in un volano al quale sia stata impressa una elevata velocità di rotazione, concretizzando un procedimento inverso rispetto a quello che si riscontra in una turbina, ovvero la trasformazione di energia meccanica in energia cinetica.

Si ricorda che un veicolo a propulsione inerziale é stato, tra altre realizzazioni, l’elettrogiro Oerlikon, esercìto per anni a Yverdon (Svizzera), dal 1953. Esaminiamo come l’evoluzione tecnologica abbia cambiato i termini del problema, rendendo l’uso della propulsione inerziale non solo possibile ed ecologicamente raccomandabile, ma anche economicamente vantaggioso.

Considerando la legge fisica per cui un corpo in movimento è in grado di fornire una quantità di energia cinetica che è funzione della sua massa e del quadrato della sua velocità lineare od angolare, é evidente il vantaggio che, per effetto dell’esponente quadratico, si può ottenere dando preminenza alla velocità in un dispositivo di accumulazione energetica. Nel caso del volano rotante attorno al proprio asse, il momento d’inerzia della massa rispetto al centro di rotazione  aumenta anche con la distanza da questo delle masse, ma la velocità angolare applicabile ha un limite  superiore derivante dalla capacità del materiale di sopportare la sollecitazione cui viene assoggettato dalla forza centrifuga. Per questo motivo, in addietro si era costretti ad impiegare accumulatori di energia cinetica in cui con un aumento della massa si suppliva, seppure con minore praticità ed efficienza per la non eccelsa capacità di accumulazione di energia, alla impossibilità di far rotare troppo velocemente il volano. Oggi la messa a punto di materiali compositi leggeri ma di elevatissima resistenza a trazione (si pensi alle fibre di carbonio o al Kevlar, per giungere alla silice fusa) consente di imprimere velocità di rotazione elevatissime (sino a 40 – 60.000 giri al minuto e più) anche a volani di notevole diametro, che permettono di accumulare, pur con masse ridotte, elevate quantità di energia cinetica: si possono così raggiungere densità di energia accumulabile prossime agli 800 Wh/Kg (da raffrontare con i circa 6 Wh/Kg dell’elettrogiro di Yverdon, ed i circa 20-25 Wh/Kg delle batterie al piombo per i brevi periodi in cui mantengono la massima efficienza in esercizio); inoltre un volano può sopportare anche 100.000 cicli di carica e scarica, contro i 1000-1500 cicli delle batterie tradizionali. Fermo restando il metodo di accumulazione dell’energia, il complesso propulsivo può essere realizzato in un natante con mezzi diversi per la trasmissione del moto al propulsore, ipotizzabile ad elica con trasmissione elettrica.

In questa ipotesi, nella forma più schematica il complesso sarebbe costituito da un volano ad asse verticale collegato, tramite un accoppiatore capace di agire bidirezionalmente, ad una macchina elettrica. Questa, agendo inizialmente come motore, ed alimentandosi da fonti esterne di energia, imprimerebbe al volano il  moto rotatorio per il breve periodo di tempo necessario per l’accumulazione dell’energia cinetica richiesta che, attraverso lo stesso accoppiatore, verrebbe poi trasmessa alla macchina elettrica (funzionante ora come generatore di corrente) che a sua volta alimenterebbe il motore di propulsione dell’elica.

Il rendimento meccanico del congegno può essere mantenuto elevato facendo ruotare il volano entro carter a pressione inferiore a quella atmosferica ed in un gas a bassa massa molecolare, quale l’idrogeno, riducendo così le perdite per ventilazione;  e una considerazione particolare deve essere posta anche al problema delle perdite per rendimento nelle sospensioni: adottando sospensioni magnetiche si sono ottenuti rendimenti meccanici molto vicini al 100 % e tali da consentire volani che, se non viene prelevata energia, sono in grado di continuare a ruotare per periodi anche di 10 – 12 mesi (la pubblicità di un auto americana a volano recitava, oltre un decennio fa: “ Per la tua vacanza puoi recarti all’aeroporto in automobile e parcheggiare lasciando in funzione il volano: al tuo ritorno dopo un mese il volano starà ancora ruotando e ti riporterà a casa”).

Con il sistema di propulsione ad accumulo di energia cinetica fornita al rotore da un breve collegamento con la rete di distribuzione della corrente elettrica, non solo l’energia restituita dal volano in tutte le condizioni di moto è sempre limitata a quella effettivamente richiesta, per cui il servizio verrebbe effettuato con spesa energetica notevolmente inferiore a quella assorbita dai tradizionali sistemi di propulsione, ma l’inquinamento atmosferico e quello da idrocarburi ne verrebbero eliminati totalmente.